IL PALLONCINO DI ARIANNA – Ist. Da Vinci, Fasano (BR)

IL PALLONCINO DI ARIANNA – Ist. Da Vinci, Fasano (BR)

La nostra società e le sue regole si trasformano spesso in una trappola insidiosa.
Ci si sente in obbligo di uniformarsi ai canoni più diffusi per essere accettati, altrimenti si corre il rischio di sentirsi estranei e… sbagliati.

 

 “Canoni di bellezza mediatici, discriminazioni, giudizi affrettati, omologazione: ecco cosa ha ucciso e continua ad uccidere i ragazzi di oggi. Pensiamo di essere alternativi, inarrivabili, solo perché vestiamo grandi firme, perché sottostiamo agli standard della nostra società, anche se spesso non riusciamo a starle dietro.

Ci illudiamo che basti così poco per liberarci dalle catene degli stereotipi ma, in realtà, continuiamo a soffocare. Con questo lavoro abbiamo voluto mostrarvi un’altra faccia del bullismo, della quale tutti siamo vittime, tutti i giorni, in ogni istante.

Non sappiamo ancora sconfiggere questo bullo. Ciononostante, abbiamo voluto donarvi un barlume di speranza, il desiderio di cambiamento: i palloncini. Sono il simbolo di chi non si arrende, di chi combatte, di chi non vuole essere più un burattino consumato dai riflettori di questo triste palcoscenico.”

 

http://www.leonardodavincifasano.edu.it/

BULLO CITRULLO – Gioele, 12 anni, Cervia (RA)

BULLO CITRULLO – Gioele, 12 anni, Cervia (RA)

Una piccola lezione di ironica leggerezza in questa poesia che riesce ad essere sintesi ed esempio.
Il momento drammatico di ogni storia sono le conseguenze. Le azioni che li provocano, spesso sono solo sciocche e superficiali.

 

BULLO CITRULLO

Ehi bullo,
ovvero citrullo
prenditela con uno della tua taglia
e lascia quella maglia.

Sei pronto a picchiarmi
o stai fermo per ammirarmi?

Nella tua testa
sotto la cresta
le uniche due parole
che a te sono care come la tua futura prole
sono picchiare e postare
ma mai amare e pensare.

Tu cerchi bambini fragili
per i tuoi scherzi facili.

Con la tua banda non hai paura
come se indossassi un’armatura.

Quindi continui a cercare qualcun’altro da picchiare
e se non vuoi menare
ti nascondi dietro a un cellulare
e fai un’azione senza pensare
posti foto di prese in giro
e per questo non ti ammiro.

Infatti per me è una cosa da vigliacchi
e se ti battessi da solo
torneresti a casa pieno di acciacchi.

Il problema sta nel cervello
che non è affatto bello.

Il cervello dei bulli è in uno stato di glaciazione
che rallenta il loro unico neurone.

Dopo questa lezione d’anatomia
la tua reazione dovrebbe essere “Oh mamma mia!”.

Ma dato che il tuo neurone
non va veloce come sparato da un cannone
stai immobile a fissarmi
anche se in mano non ho armi.

Perché io combatto con le parole
che mi rendono forte davanti alla tua mole.

Quindi per combattere i bulli
quei poveri citrulli
basta un gruppo di bambini ostinati
e i bulli sono spacciati.

Gioele 

STORIA DI UN’AMICIZIA – Ist. Carelli-Forlani, Conversano (BA)

STORIA DI UN’AMICIZIA – Ist. Carelli-Forlani, Conversano (BA)

Una storia di bullismo, di fuga disperata e di caccia fino alle oscurità di un bosco.
E poi la paura, quella vera, per non riuscire a tornare a casa, per la sopravvivenza. E solo uniti, verso la salvezza di una nuova amicizia.

https://www.scuolacarelliforlani.gov.it/

 

STORIA DI UN’AMICIZIA

Michael Luigi Iacovazzi

 

CAPITOLO 1 “La mia vita”

….La solita tortura del lunedì” pensavo… non opposi resistenza, aspettavo speranzoso e impaziente il suono della campanella .Ormai la mia vita andava avanti a suon di prese in giro e schiaffi.

Non è colpa mia se amo lo studio e odio la moda, lo stile e lo sport… non sarò bellissimo comunque mi piaccio cosi come sono, in fondo non devo vivere per piacere agli altri!Io mi chiamo Andrew, ma a scuola mi chiamano “secchione”, io non la prendo come una cosa negativa, ma positiva: perché dovrebbe piacermi vivere nell’ignoranza !?

Vivo in una casa di periferia a Salerno, è una bella città, ma il mio sogno è (un giorno) andare a vivere a Londra.

La cosa peggiore della mia vita? Ciò che mi assilla e mi tortura ha un nome: Jack, il bullo della scuola.Non sono la sua unica vittima, ma sono il suo primo bersaglio!Lui è alto, robusto, ha i capelli bruni e gli occhi neri sormontati da enormi sopracciglia, è diabolico, è spietato, il suo divertimento è far soffrire gli altri.

Io non lo capisco: perché sprecare la sua vita per rovinare quella degli altri? In fondo penso che ci sia una causa che ha scatenato in lui questa rabbia.

 

CAPITOLO 2 “La rissa”

Era appena suonata la campanella, preparai lo zaino e mi diressi verso l’ uscita ma, come di consuetudine, incontrai Jack: era lì ad aspettarmi, pronto per l’ ennesima rissa o meglio tortura.Pian piano tutti si riunirono intorno a lui e iniziarono a incitarlo urlando: “Rissa! Rissa!!”. Gli chiesi pietà, ma la mia richiesta venne ripagata con un bel pugno.

Ero amareggiato, vedere le facce dei professori sconvolte mi rattristiva, ma il solo pensiero della loro indifferenza mi faceva innervosire…

Tornai a casa con un livido sull’occhio, ero afflitto, non capivo, perché Jack mi odiasse così tanto. Cosa avevo fatto di sbagliato?!Erano domande a cui neanche un cervellone come me, sapeva rispondere; avevo provato più volte a parlarne con i miei genitori, ma avevano già troppi problemi per occuparsi dei miei. La nonna stava male, papà non riusciva a trovare lavoro, la mamma invece si spaccava le ossa in campagna per portare due spiccioli a casa.

Il problema era mio e dovevo affrontarlo da solo!Mi sentivo molto solo, in qualche modo sbagliato e comunque molto arrabbiato per tutto quello che dovevo sopportare nella completa indifferenza di tutti!Avevo alcuni “amici”, ma nessuno pronto a prendere le mie difese ed aiutarmi, erano solo compagni che volevano da me aiuto per i compiti o qualche altro loro tornaconto, spaventati da Jack si guardavano bene dal frequentarmi….Così trascorrevo le mie giornate a pensare cosa mi sarebbe capitato il giorno dopo e come avrei potuto fare per evitarlo o comunque per cavarmela. Speravo nell’aiuto di qualcuno, ma questo non accadeva mai!Passò qualche ora, ero ancora immerso nei miei pensieri …tutto d’un tratto mi alzai. Decisi di abbandonare quei pensieri bui e tristi, presi il cellulare, lo accesi e vidi una notifica su watshapp. Odiavo quel simbolo verde, sapevo che poteva portare solo dolore e vergogna. Con il cuore in gola cliccai su quell’icona verde e apparve ancora una volta lui: Jack. Sul gruppo della classe c’era una mia foto: ero in bagno, seduto sulla tavoletta del water della scuola, tremavo e piangevo, con un occhio viola. Era il post rissa.Lessi la didascalia dell’ immagine “Povero bimbo ha bisogno della mammina”.L’immagine di Jack non mi faceva più effetto, ma quando lessi le reazioni e i commenti dei compagni scoppiai in un mare di lacrime, provavo lo stesso dolore dell’ occhio ma dentro… Odiavo Jack, odiavo i miei compagni e sì odiavo anche internet, un modo alternativo per far del male, per me era diventato il luogo dove ricevere ulteriori insulti e prese in giro, anche da coloro che all’apparenza erano miei compagni.

 

CAPITOLO 3 “Clara e la gita”

Quel pomeriggio ero a casa pensieroso, mentre preparavo la valigia, decisi, per la prima volta, di portare la bussola che mi aveva regalato mio nonno. Per me aveva un grande valore affettivo e pensai che mi sarebbe stata utile per questo viaggio, una gita scolastica alla Reggia di Caserta!Ripensavo alla foto e a quanto Jack fosse riuscito a ridicolizzarmi. Ripensavo ai commenti dei miei compagni e al commento con una risata di Giulia, la ragazza di cui ero profondamente innamorato. Pensavo anche alle risatine dei miei compagni nel vedermi, l’indomani a scuola. Ero angosciato, per un attimo pensai di farla finita, ma proprio in quel momento, arrivò mia madre con in mano una bella crostata. Non mi aspettavo per alcun motivo il suo arrivo, solitamente a quell’ora è a lavoro! Quel dolce squisito mi portò una ventata di buon umore e decisi che non potevo arrendermi, dovevo farcela e affrontare quella situazione.In fondo dovevo essere contento: era il mio primo viaggio con i compagni di scuola ed avevo con me anche la bussola del nonno!Insieme alla contentezza sentivo anche preoccupazione per la presenza di Jack e in cuor mio speravo che non facesse il suo solito show.

La notte passò tra mille pensieri, stranamente quella mattina nel pullman Jack non mi prese in giro ed io riuscii a fare conoscenza con una ragazza dell’altra classe.

Lei si chiamava Clara, era sola, seduta sul sedile sporco e trasandato del pullman; passò la maggior parte del viaggio a guardare il paesaggio dal finestrino. Io ero un tipo timido ma volevo conoscerla, così decisi di farmi coraggio.

Ciao” le dissi, Clara si girò, rimase due secondi a fissarmi, poi mi rispose. Era molto gentile e mi fece accomodare così iniziammo a parlare di storia, di

archeologia, di scienze e di tutte le stranezze del mondo.Le mostrai anche la mia splendida bussola! Ero felice, finalmente avevo trovato un’amica con cui parlare e a cui confidare le mie emozioni.

Dopo un viaggio di circa tre ore arrivammo a destinazione, scendemmo dal pullman e ….“WOW!!!” Il paesaggio era fantastico!! Eravamo circondati dalla natura, c’erano alte montagne colorate di verde, foreste ovunque, un paesaggio da sogno e in fondo la splendida REGGIA DI CASERTA!

 

CAPITOLO 4 “L’avventura”

I professori ci presentarono i numerosi ambienti della Reggia e poi ci indicarono il percorso da seguire. Era immensa, bellissima!Io e Clara eravamo stupefatti, non vedevamo l’ora di entrare.Scorgemmo subito di fronte a noi un enorme scalinata in marmo, visitammo le varie stanze: erano immense piene di affreschi e di stucchi dorati, sontuose, meravigliose, semplicemente uniche!

Per un po’ la gita andò tranquillamente, io ero felice, finalmente una giornata buona anche per me! Ma la gioia durò poco, purtroppo Jack si accorse di me e Clara.Già si sentivano le solite risatine stupide; poi le prime prese in giro tipo: “Ecco la coppia di secchioni…”.

Dissi a Clara di lasciarli stare e di non rispondere, in fondo cosa potevamo rispondere a quelle stupidaggini!Jack però non era soddisfatto così pian piano si avvicinò a noi, mi tirò uno scappellotto e urlò: “Come va con la tua mogliettina??”.

Clara si arrabbiò, voleva rispondere ma la feci tacere, sapevo che ormai Jack voleva sfottermi e non c’era nulla che lo potesse fermare.

Uscimmo dalla Reggia amareggiati, io e Clara ci dovevamo salutare poiché lei e la sua classe erano diretti verso Caserta Vecchia, noi invece avevamo 30 minuti di libertà durante i quali potevamo esplorare gli incantevoli boschi .I professori ci raccomandarono di non allontanarci in posti troppo lontani per evitare di perderci.

Io da solo iniziai a camminare verso un sentiero che si perdeva nel bosco, osservavo gli alberi , il cinguettio degli uccelli e il canto delle cicale.“Un po’ di pace” sussurrai. Una catena di “bip” interruppe quell’armoniosa quiete. Sul mio cellulare erano arrivate 10 notifiche. Temevo il loro contenuto e così decisi di non guardare. Continuai il percorso, ma tutto d’un tratto mi sentii tirare la maglia, mi girai ed era lui: Jack!

Si avvicinò a me, aveva uno sguardo maligno, si scrocchiò le dita e cercò di tirarmi un pugno, fortunatamente lo schivai.Iniziai a correre a tutta velocità urlando, inutilmente, “Aiutoo!!! Aiutooo!!!!”.Ero più veloce di Jack ma, visto il mio scarso allenamento, mi stancai subito, nonostante mi stesse raggiungendo continuai a correre per il viale.

Ahimè, il viale aveva un inizio, ma anche una fine. Arrivai stremato al termine del lungo percorso alberato, non potevo permettermi di rimanere faccia a faccia con lui.Ero in panico, ma fortunatamente mi venne un’idea: l’unico modo per seminarlo era entrare nel bosco e così feci.

Durante l’inseguimento lui urlava arrabbiato ed io mentre correvo mi interrogavo per l’ennesima volta sul perché volesse acciuffarmi, cosa diavolo voleva da me?

Non mi persi nei pensieri e continuai a correre. Finalmente mi girai e non lo vidi più, pensai di averlo seminato.

Mi appoggiai ad un albero, mi fermai e fermai anche la mia mente. Rimasi incantato nel guardare la natura che mi circondava: alberi, foglie secche, aghi di pino, area fresca, pulita. “Eccoti!!!!”I miei pensieri si interruppero bruscamente, Jack mi aveva ritrovato.

Non vedevo soluzioni! Ero confuso, l’ansia e paura mi assalirono! Dovevo usare la testa così decisi di farlo ragionare.

Fermo!”, urlai, “Jack non pensi sia troppo crudele? E poi pensa: come farai a tornare indietro? Ormai ci siamo persi e dobbiamo aiutarci per uscire da questo bosco!”Jack si fermò bruscamente e dopo pochi secondi disse: “Non preoccuparti, io uscirò da questo bosco grazie al mio cellulare”, lo tirò fuori dalla tasca e all’improvviso notai un’espressione crucciata sul suo volto: il cellulare era scarico. Allora con lo sguardo minaccioso mi disse: “Dammi il tuo cellulare!”. Frugai in tutte le mie tasche, non

c’era. Dovevo averlo sicuramente perso durante l’inseguimento. Cercai allora la bussola del nonno, avevo perso anche quella, con un filo di voce dissi: “L’ho perso, mentre mi rincorrevi”. “Ti risparmio, solo se tu mi aiuti ad uscire da questa orrendo bosco; ma se non sarà così, ti gonfierò di botte fino allo sfinimento” mi rispose Jack.

Nel sentire quelle parole mi rasserenai, non è da tutti far ragionare il “Bullo” della scuola!Mi alzai e iniziai immediatamente a far frullare il mio cervello, provai a ricostruire la strada che avevo fatto per arrivare lì.Iniziai a riflettere a voce alta: “Dunque…mi sono congedato da Clara e subito dopo ho intrapreso il primo, anzi no! Il secondo viale sulla sinistra…”Cercavo di concentrarmi il più possibile poiché dovevo ricostruire la storia sin dall’inizio senza tralasciate neanche il minimo particolare, poiché anche solo un errore avrebbe stravolto il mio logico ragionamento.Proseguii nel ragionamento: “Ho proseguito per il mio percorso per all’incirca 2 minuti, subito dopo è partito l’inseguimento tra me e Jack che sarà durato mhhh…10 minuti”.

Mentre io continuavo la mia riflessione, Jack era lì ansioso e mi osservava con aria speranzosa, il sole iniziava a calare ed io non ero ancora riuscito a completare il mio pensiero. “Probabilmente le professoresse saranno preoccupate e ci staranno cercando ovunque!”, pensavo tra me e me.

Non dovevo farmi prendere dall’ansia, ma dovevo stare calmo e ragionare.Era complicato ricordare, non ce la facevo, proprio non riuscivo a ricordare la strada che io e Jack avevamo percorso nel bosco, perché cambiavamo sempre direzione!Mi venne un’idea, potevamo cercare di recuperare il cellulare perso o la bussola del nonno! Seguendo il nord saremmo riusciti a uscire!”Decisi di andare in esplorazione con Jack, dovevamo ritrovarli!

Eravamo stanchi e affannati, avevamo fame e sete, cercavamo ovunque, in ogni pertugio, sotto ogni foglia, ma niente!Non ce la facevo più, decisi di fermarmi, Jack continuò a cercare, aveva le lacrime agli occhi, voleva tornare a casa!

Improvvisamente sentii un urlo provenire dal bosco, era Jack , era al settimo cielo urlava: “Eccola, eccola!”.L’aveva trovata, aveva trovato la bussola! Corse verso di me, mi abbracciò e mi diede la bussola. Quell’abbraccio me lo ricorderò per sempre!

Mi alzai, ero sollevato, ora toccava a me riportarci dalla classe. Afferrai la bussola e la rivolsi verso di me, inizialmente mi diressi nel punto in cui Jack l’aveva ritrovata, in fondo ero passato da lì, puntai verso nord e proseguii insieme a Jack.Durante il cammino Jack mi fermò, voleva parlarmi e così mi disse: “Andrew, penso che durante questa avventura tu ti sia accorto di un altro lato della mia personalità, non sempre sono forte come sembro, a volte nei momenti difficili anche io sono fragile. Ti ringrazio perché, tu oggi stai provando a salvarmi, se non ci riuscirai per me non avrà importanza….Probabilmente ti sarai chiesto numerose volte perché io ti faccio del male, il motivo è l’invidia! Sembrerà strano, ma sono invidioso dei tuoi buoni voti, della tua intelligenza, della tua bravura…Vorrei essere come te ma non ci riesco, vorrei saper usare quella bussola, ma non lo so fare… allora mi rifugio in giochetti stupidi e infantili che ti fanno stare male”.

Ero sbalordito, non avevo parole, l’unica cosa che feci fu andargli vicino e abbracciarlo, non scorderò mai quel momento!Ci voltammo con le lacrime agli occhi e proseguimmo il cammino.

 

CAPITOLO 5 “La stretta di mano”

Era tanto che camminavamo, le nostre speranze diminuivano sempre più, ma non ci arrendemmo e dopo pochi minuti …riuscimmo a trovare l’uscita del bosco!“ARRIVATI!” urlammo. Eravamo di nuovo nel viale da cui tutto era partito, iniziammo a correre all’impazzata lungo il viale, questa volta però da amici. Sbucammo davanti alla Reggia, c’erano i professori e i nostri compagni, ma c’era anche un’altra persona, la più importante: Clara.

Era andata anche lei in spedizione per trovarci, ero felicissimo! La abbracciai, lei era preoccupata, io la rassicurai.Dopo aver spiegato l’accaduto, tutto tornò alla normalità ma, con una differenza, ormai io e Jack eravamo amici. Nonostante tutto ciò che avevo passato lo perdonai; tutto si concluse con una nostra stretta di mano!